Onorevoli Colleghi! - Nella relazione sulle politiche dell'handicap presentata in Parlamento nella XIV legislatura era emersa la volontà di modificare e di aggiornare la legge 29 marzo 1985, n. 113, che disciplina il collocamento al lavoro dei centralinisti non vedenti.
      Lo scopo era, in sostanza, quello di adeguare la normativa alle nuove esigenze del mercato del lavoro e al progresso tecnologico nel settore della comunicazione.
      Infatti, la Direzione generale per l'impiego, orientamento e formazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, aveva svolto uno studio del «contesto» lavorativo nel quale avrebbe dovuto muoversi la citata legge n. 113 del 1985, una volta riformata, in sinergia con le associazioni più rappresentative e con le istituzioni locali.
      Le modifiche auspicate non sono però state attuate nel corso della XIV legislatura e l'urgenza di tale riforma a distanza di ormai ventuno anni dalla entrata in vigore della legge n. 113 del 1985, appare oggi improcrastinabile.
      L'urgenza di rimettere mano alla disciplina dettata dalla legge in parola, specificamente dedicata ai non vedenti, è motivata da molteplici fattori, di ordine legislativo e sociale; basti pensare alla nuova classificazione e quantificazione delle minorazioni visive, delineata dalla legge n. 138 del 2001, o anche alle nuove figure professionali di operatori della comunicazione configuratesi a seguito ed a causa dell'evoluzione tecnologica che ha contrassegnato il nostro tempo, nonché, soprattutto, al nuovo contesto legislativo in tema di collocamento al lavoro dei disabili, ove primeggia la legge n. 68 del 1999 che, nel ridefinire gli istituti del

 

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collocamento obbligatorio, ha espressamente fatto salva, fra le altre, la legge n. 113 del 1985.
      Proprio il carattere di specialità di tale provvedimento, tuttavia, impone ancora più energicamente una modifica della disciplina da esso dettata, proprio per metterla al passo con i tempi e per non svilire la considerazione che il legislatore ha più volte mostrato nei confronti delle problematiche specifiche dei minorati della vista.
      Nel corso della sua storia, infatti, la legge n. 113 del 1985 ha consentito il collocamento al lavoro di migliaia di centralinisti non vedenti a riprova della bontà di un metodo di collocamento mirato e generalizzato in attuazione dall'articolo 2 della legge n. 68 del 1999.
      L'opportunità delle modifiche ad una legge che ha così ben operato nel passato, al punto che, come già si è sottolineato, la stessa legge di riforma del diritto al lavoro delle persone disabili ha ritenuto di farla espressamente salva insieme alle altre leggi speciali per i non vedenti, risiede in un molteplice complesso di fattori.
      In primo luogo il continuo progresso tecnologico, specie in questo settore, ha comportato radicali modificazioni alle postazioni dei centralinisti che, in molti casi, hanno visto scomparire il tradizionale posto di operatore a vantaggio di dispositivi passanti o, comunque, di collegamento automatico.
      In secondo luogo l'estendersi del sistema concorrenziale fra i vari gestori di telefonia ha reso praticamente nulla quella importante disposizione che prevedeva precisi obblighi di segnalazione e di intervento da parte dell'ex Azienda di Stato per i servizi telefonici in favore del collocamento dei centralinisti non vedenti.
      Più in dettaglio, la presente proposta di legge tiene conto di tutti i fattori indicati e, in primo luogo, laddove si parlava di centralinista non vedente, il nuovo testo prevede la dicitura di «centralinisti telefonici nonché operatori della comunicazione minorati della vista con qualifiche equipollenti». Questo per armonizzare la disciplina con il dettato del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 10 gennaio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 15 febbraio 2000, che ha individuato nuove qualifiche professionali equipollenti a quella di centralinista, sulla base del disposto dell'articolo 45, comma 12, della legge n. 144 del 1999.
      Quella che, prima facie, può sembrare una differenza soltanto nominalistica, rivela invece, da una parte, la coscienza di una realtà in cui le qualifiche e le tipologie di attività richieste sono prepotentemente influenzate dal progresso tecnologico in atto ed in continua e costante evoluzione, e, dall'altra, la consapevolezza che la minorazione visiva, pur nelle sue diverse gradazioni, è comunque una minorazione (sensoriale) di estrema gravità.
      L'aspetto di maggiore rilievo del provvedimento proposto consiste, comunque, nei numerosi punti di raccordo con la legge n. 68 del 1999, che rappresenta un elemento imprescindibile per disegnare la nuova mappa del collocamento obbligatorio al lavoro dei soggetti minorati della vista.
      Più nel dettaglio, nell'articolo 1 della legge n. 113 del 1985, come sostituito dalla proposta di legge, si prevede la riforma dell'albo professionale degli operatori telefonici non vedenti, con specifiche articolazioni a livello regionale che rispettino le nuove ampliate competenze delle regioni proprio in materia di formazione professionale.
      Fondamentale, inoltre, appare sotto questo profilo il nuovo testo dell'articolo 2, laddove si prevedono programmi di insegnamento al passo con i tempi, corsi di aggiornamento e di formazione delle varie figure professionali, in cui le associazioni di categoria possono far valere le loro competenze specifiche; importante appare anche l'aver previsto la presenza di un rappresentante dell'associazione di minorati della vista comparativamente più rappresentativa nell'ambito delle commissioni esaminatrici per l'espletamento dell'esame di abilitazione.
      Il nuovo articolo 3 della legge n. 113 del 1985 rappresenta, invece, la volontà di superare i fraintendimenti causati dalla normativa ancora vigente.
 

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      Infatti, da una parte gli obblighi ivi previsti riguardano tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, superando in tale modo le distinzioni indicate dalla normativa in vigore; dall'altra parte, è di fondamentale importanza che i nuovi criteri che contrassegnano gli obblighi dei datori di lavoro tengano anche conto delle evoluzioni tecnologiche del settore e prevedano la possibilità che la quota di riserva sia calcolata, in assenza di un tradizionale centralino telefonico provvisto di un posto di operatore, anche facendo riferimento a dispositivi passanti o ai derivati interni, così come al numero degli operatori di call center o di strutture similari.
      Di notevole importanza, inoltre, appaiono le nuove disposizioni, ancora una volta in stretto raccordo con i dettami della legge n. 68 del 1999, intese a tutelare il lavoratore minorato della vista a fronte della trasformazione dei centralini, o nel caso di incompatibilità con le mansioni svolte (ancora una volta si ribadisce che non vi è la possibilità, per il datore di lavoro, di richiedere al minorato della vista lo svolgimento di prestazioni non compatibili con la sua minorazione).
      Il rilievo assunto dal raccordo con la disciplina generale del collocamento obbligatorio al lavoro è dimostrato, poi, sia dall'articolo 4 in tema di computo della quota di riserva, sia dall'articolo 5 in tema di comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro e dall'articolo 6 in tema di modalità per il collocamento.
      In particolare, nel predetto articolo 5 sono attualizzate le disposizioni che prevedono obblighi di segnalazione e di intervento a carico della ex società italiana per l'esercizio telefonico, con estensione dei medesimi obblighi a tutti i gestori di telefonia operanti sul mercato.
      Il nuovo testo di legge, infine, prevede una riformulazione dell'articolo 9 della legge n. 113 del 1985, che assume un duplice rilievo.
      In primo luogo, viene fissato un nuovo importo dell'indennità di mansione, già riconosciuta ai centralinisti non vedenti, in maniera tale da superare le attuali difficoltà derivanti dalla cessazione dell'Azienda di Stato per i servizi telefonici, soppressa dall'articolo 1 della legge 29 gennaio 1992, n. 58.
      In secondo luogo, in armonia con le riforme in tema previdenziale, viene attualizzato il beneficio di quattro mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di servizio effettivamente svolto, per quanto concerne gli effetti in tema di calcolo del trattamento pensionistico, sia con il sistema contributivo che con il sistema misto.
      Tali misure, così come l'intero provvedimento, non comportano alcun aggravio di spesa, dal momento che esse beneficiano del vigente finanziamento della legge n. 113 del 1985 che già garantisce una adeguata copertura finanziaria, come confermato dalla circolare del Dipartimento della funzione pubblica 18 settembre 1985 e dal decreto del Ministro del tesoro 4 aprile 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 204 del 31 agosto 1991.
 

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